“La prima volta che sono andato in Siria, nel 2003, è stato un po’ per caso. Poi mi sono affezionato e soprattutto l’ho ritenuta molto valida per studiare l’arabo, perciò sono tornato di nuovo l’anno scorso.” In barba alle paure e ai pregiudizi che spesso esistono nei confronti dei paesi arabi, Salvatore De Simone, laureato in Scienze Politiche all’“Orientale” di Napoli, ha deciso di esportarsi per un po’ sull’altra sponda del Mediterraneo, anche per vedere quanto effettivamente abbiamo in comune. “In effetti non hai la sensazione di esserti spostato di troppo, soprattutto per la mentalità, i modi di fare. Il problema è che ci conosciamo poco e allora sembra che siano delle realtà aliene, quando invece non è così, anzi...” Salvatore pensa alla sua esperienza in prospettiva, per poterla trasferire qui: “Fino a poco tempo fa erano pochissimi i salentini che conoscevano l’arabo. Ora, grazie all’Università di Lecce e grazie a chi è andato a studiare fuori, stiamo accumulando un bagaglio di conoscenze, un patrimonio umano di competenze che è elemento essenziale per impostare un dialogo produttivo e pertinente con gli arabi e i musulmani presenti qui da noi e quelli con cui potremmo relazionarci vista la nostra posizione geografica.” Ma per ora è un po’ pessimista: “Ancora le nostre competenze non trovano molto spazio nel panorama professionale e nelle richieste delle istituzioni a livello locale, e questo ci induce spesso ad andarcene di nuovo...”
E lì invece? Come sei stato accolto? “Devo dire che l’approccio con le autorità siriane è un po’ ostico, c’è molta (comprensibile) diffidenza, stanno sempre sul chi va là e questo sia per motivi interni - sappiamo che c’è un regime autoritario, che esercita un controllo capillare - sia per motivi esterni, perché il paese è sottoposto a pressioni di ogni tipo e da più fronti (USA, Israele, Libano, Iraq, estremismo islamico, solo per menzionarne alcuni) e c’è il fondato timore di infiltrazioni pericolose e minacce alla stabilità. Per chi si trattiene in Siria per periodi lunghi, come me, possono esserci controlli informali, ma di prassi, da parte dei mukhabaràt, i servizi segreti, ma niente di cui aver paura, state tranquilli!!”
Tutto il contrario però nella vita di tutti i giorni: “La gente” dice “è curiosa e socievole, non hai problemi ed è molto facile trovare degli amici veri. Certo, la mia esperienza è limitata, ma tra i ragazzi che ho conosciuto a Damasco ho riscontrato una grande forza nel fare e nell’imparare, entusiasmo anche per le piccole cose, grande attenzione ai valori umani. Tuttavia si avverte anche una sorta di inquietudine, di stanchezza per le limitazioni che ci sono nella sfera sociale e politica, per le difficili condizioni occupazionali: si sente che in molti ne soffrono. Anche se non sono tante, le grosse iniziative culturali e di svago non se le fanno scappare! Mentre ero lì si è tenuto il Festival Internazionale del Cinema e uno di jazz, che hanno avuto un grande successo di pubblico.” Poi continua sulla vita notturna: “a dire la verità è abbastanza sobria, ma c’è un pullulare di risto-cafè, principale luogo di ritrovo dove si può ascoltare musica dal vivo. E poi le strade, il giovedì e il venerdì sera strabordano di gente! Anzi, invitiamo tutti i lettori di ESF a fare una capatina?!”